Domande Frequenti
Faq
Lo psicologo ad approccio strategico è indicato per chiunque voglia affrontare una difficoltà o un problema supportato da un modello affidabile e rigoroso, la cui validità è comprovata da numerosi studi e ricerche eseguiti da professionisti del settore sparsi in tutto il mondo. Le tecniche e i metodi utilizzati consentono di pianificare il percorso psicologico e prevederne gli effetti, il che permette di correggere e affinare la strategia, così da rendere l’intervento efficace e cucito su misura del paziente e della sua individualità, producendo risultati in tempi ragionevolmente brevi.
La replicabilità delle strategie utilizzate in tutti i soggetti che presentano lo stesso tipo di patologia ha permesso inoltre di perfezionare dei veri e propri protocolli di trattamento per disturbi specifici, utili per il supporto di:
- Disturbo da Attacchi di Panico
- Disturbo Ossessivo Compulsivo
- Disordini Alimentari (anoressia, bulimia, vomiting, obesità)
- Disturbi sessuali
- Depressione
- Disturbo Post Traumatico da Stress
- Dipendenze
NO. Secondo il modello teorico-applicativo a cui ci ispiriamo i genitori rivestono un ruolo attivo all’interno del processo di soluzione dei problemi dei propri figli. Nella fascia d’età 0-14 è di primaria importanza che essi mantengano una responsabilità diretta nella loro crescita. È fondamentale quindi che lo specialista non si sostituisca a loro ma li guidi nel trovare lestrategie più idonee per aiutare i figli a superare i loro momenti di difficoltà, diventando via via sempre più autonomi nel difficile percorso della genitorialità. Scopri di più in cosa consiste la consulenza indiretta
In fase iniziale gli incontri sono previsti ogni 2 settimane (eccetto rare eccezioni), per poi allungare lo spazio tra le sedute (ogni tre settimane, una volta al mese, …) così da permettere alla persona di fare esperienza dando spazio alle proprie risorse ed autonomie conquistate, accompagnandola nella nuova costruzione di vita senza creare una figura di dipendenza con il proprio psicologo. Alla conclusione del percorso verranno programmate delle sedute di controllo (fase di follow-up) solitamente dopo 3 mesi, 6 mesi, 1 anno in modo da monitorare e verificare i risultati ottenuti. Per approfondire leggi l’articolo Le 4 fasi del sostegno psicologico ad approccio strategico
Solitamente un percorso psicologico ad approccio strategico non supera le 15/20 sedute, con cambiamenti consistenti entro le 10 sedute. Questo è possibile perché sin dalle primissime fasi dell’incontro il paziente è reso attivo rispetto alle soluzioni della sua difficoltà, tanto che l’indagine stessa del problema, in prima seduta, è già intervento e quindi promotrice di cambiamento.
SI. Il percorso psicologico non si conclude con la sola semplice estinzione della sintomatologia, bensì anche con la realizzazione di un nuovo equilibrio psicologico, basato su consolidate acquisizioni che ne garantiscono la stabilità. Il lavoro coinvolge contemporaneamente più livelli: percettivo, emotivo, comportamentale, cognitivo. Attraverso l’utilizzo di strategie e tecniche strutturate sulla base di specifici obiettivi avviene una rottura degli schemi di rigida percezione e reazione del soggetto, permettendogli di cambiare aspettative, atteggiamenti e comportamenti che influenzano le interazioni con la realtà interna ed esterna con la quale si confronta.
SI. Un percorso psicologico non prevede l’uso di farmaci in quanto la figura professionale dello Psicologo non può prescriverne né fornire indicazioni in tal senso. Se la persona si presenta con una terapia farmacologica in corso deve continuare a seguirla come da indicazioni del proprio medico curante/psichiatra di riferimento. Tuttavia, un percorso psicologico può essere di grande aiuto nell’estinzione e superamento delle difficoltà e di conseguenza nella riduzione e eliminazione di psicofarmaci. Fanno eccezione a questa regola disturbi psichiatrici di natura endogena e che condividono caratteristiche genetiche.
Lo psicologo ad approccio strategico si ispira a un modello che deriva dalla teoria del cambiamento, inteso come scoperta di nuove prospettive di percezione frutto dell’esperienza concreta, realizzata dal paziente in virtù di tecniche e strategie promosse durante il percorso. Attraverso una serie di piccole (ma grandi negli effetti) esperienze casuali pianificate, capaci di prevedere l’esito dell’intervento, non rigidamente strutturate e quindi autocorrettive, si procede cercando di realizzare prima il cambiamento, per poi rendere consapevole il paziente delle sue risorse e capacità. Giungendo a conoscere come funzionava il problema solo dopo averlo risolto. Questo significa orientarsi al presente e al futuro del soggetto piuttosto che al passato, permettendo di strutturare il lavoro in tempi ragionevolmente brevi e mantenere i risultati ottenuti nel tempo.
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