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Desiderium, de sidera: la mancanza delle stelle✨
“Sarebbe da stupidi, non credi? Passare una vita intera a desiderare qualcosa senza mai agire” – citazione dal film “Blow”.
L’incredibile forza del desiderio. E voi cosa ne pensate? Inseguire i propri desideri coincide sempre con la ricerca della felicità o talvolta può diventare talmente travolgente da riempirci e svuotarci allo stesso tempo?
E il desiderio è il piacere stesso o ci sono delle differenze tra piacere e desiderio?
C’è chi sostiene che il desiderio appartenga all’immaginario mentre il piacere all’ordine del reale e che mobilitazione del desiderio e interdizione del piacere coincidano.
Prendiamo come esempio il cibo. Il cibo per molti di noi oggi non è certo solo una necessità anzi, è più facile doversene difendere per evitare di rimanere intrappolati nella spirale di un piacere inarrestabile. Una cosiddetta “vita a dieta”. La strategia dai più perseguita è dunque la privazione del piacere, perché se qualcosa è pericoloso va da sé ch’io me ne debba tenere alla larga.
Questa strategia funziona veramente?
Per alcune persone talmente tanto bene che diventa essa stessa, la strategia, il problema. Mi privo del piacere al tal punto che riesco perfino a non alimentarmi più. Ed è qui che faccio una scoperta interessante: che il piacere si fa beffe di me perché sa bene che da esso non si può sfuggire, tant’è che sarà la privazione stessa a diventare la mia forma di piacere. Comincerà a estendersi a macchia d’olio a tutti gli ambiti della vita, relazionale, professionale, fino a coinvolgere perfino le sensazioni. Come all’interno del guscio di una conchiglia, che ZAC! tutto taglia fuori e al suo interno ci fa sentire al sicuro, come un’armatura protettiva. Ma se poi uscirne è estremamente complesso viene da chiedersi se ciò che ci protegge al contempo non ci imprigioni. Non dimentichiamoci che l’anoressia giovanile è la prima causa di morte tra gli adolescenti dopo gli incidenti stradali. Se appoggi l’orecchio alla conchiglia si ode comunque il fragore del mare.
Per altre persone la strategia della restrizione diventa invece un tentativo di controllo che fa perdere il controllo. Più cerco di resistere al piacere più il desiderio aumenta. Come sopra, interdizione del piacere – mobilitazione del desiderio in un circolo che si autoalimenta. Cosa c’è di più desiderabile del proibito. Viene strutturandosi allora un fenomeno che in psicologia è chiamato “binge eating”, per cui chi ne è affetto alterna periodi di restrizione dal piacere che sfociano in grandi abbuffate, sintomo del piacere controllato che in maniera incontrollabile riempie e svuota allo stesso tempo.
Altre persone ancora cercano di apporre dei rimedi meccanici al piacere. Come gli antichi Romani durante i banchetti, ricorrono al vomito per arginare i “danni” del cedimento alle voglie alimentari. In questo modo creo l’illusione di avere un controllo sul piacere, senza rendermi conto che ai fatti il piacere in realtà ha già preso il sopravvento: il cedimento c’è già stato e io sto solo tentando di tamponare il danno. Non solo, la funzionalità apparente del rimedio vestirà rapidamente essa stessa le vesti del piacere, in un controllo talmente ben riuscito da non poterne fare a meno: non più si mangia e poi si vomita ma si mangia per vomitare. D’altronde è un sapere antico che una cosa reiterata nel tempo diventa piacevole. Il vomito in questo caso non è più effetto ma scopo.
Una semplificazione rapida di tre varianti di disturbo alimentare che pur nella loro diversità ci permettono di confermare l’ipotesi accennata in incipit: dal piacere non si può sfuggire. Insieme a rabbia dolore e paura fa parte di quelle emozioni di base che la nostra evoluzione si porta dietro e per questo ha una sua valenza e imprescindibiltà fondamentali, in primis per la sopravvivenza della specie.
Nell’ ambito della psicopatologia dell’alimentazione e del suo trattamento il recupero del piacere espresso in chiave funzionale è uno dei fulcri del lavoro terapeutico.
La Terapia Breve Strategica permette di intervenire su queste problematiche in breve tempo e in maniera chirurgica, lavorando sui meccanismi che regolano il piacere, partendo dalla rottura del meccanismo di restrizione alla base del circolo vizioso desiderante per poi, a seconda del caso, dedicare il tempo necessario a ricostruire la vita della persona, spesso avvizzita o solo ossetvata dal pertugio di quell’armatura indossata per troppo tempo.
Si ringrazia per le foto Clarissa Greco
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